Arrosto del Kerala, nostalgia di Mumbai e dello smog

A Mumbai c’è una rotonda trafficatissima, roba da far impallidire il Grande Raccordo Anulare all’ora di punta. Non è nemmeno enorme, a dirla tutta, ma per la sua collocazione è l’unico punto di giuntura tra tutta la megalopoli a nord e il quartiere turistico di Colaba, dove ci sono i mercati, i pescatori e anche il leggendario Gateway of India, la porta dell’oriente affacciata sul mare. In quella rotonda i clacson non si spengono mai, a qualsiasi ora del giorno e della notte, come se fossero la personale playlist Spotify del Duca di Wellington, la cui statua è troneggia sulla fontana che dà il nome a questa rotatoria perpetua. Da un lato si affaccia il museo Chatrapati Shivaji, uno dei più grandi del mondo. A est la strada verso la porta dell’India, ad se si vuole imboccare il Collare della Regina, il lungomare a semicerchio incastonato di lampioni che ricordano un gioiello prezioso. Giù verso Colaba, di arte e pescatori, su verso il Forte e la stazione. Quella rotonda è il cuore di una città incredibile, trafficato come l’inferno, ed oggi è così.
Non un’automobile, non un essere umano, nemmeno una bici parcheggiata. Questa foto è stata pubblicata sul profilo Instagram del Bombay Vintage, un ristorante affacciato su quella rotonda. Lo seguo perché uno dei miei ricordi più vividi di Mumbai, almeno dal punto di vista del palato. Lì si colleziona cibo incredibile da tutte le parti del subcontinente, che ha una varietà di ricette, ingredienti e preparazioni bastante a riempire il mondo intero. Uno dei piatti che ai tempi mi rimase più impresso fu l’arrosto alla maniera del Kerala, perché non assomigliava per nulla all’arrosto che intendevo io. Era un concentrato di burro e pomodoro, cotto fino a formare una pasta speziata che avvolge abbrustoliti e teneri pezzetti di pollo. Una specie di curry asciutto, ma con un sapore totalmente inedito, intenso da far tremare i denti. Ho scoperto che è molto facile da preparare, e in questi giorni di quarantena si presta benissimo a un prodotto ittico che si conserva in freezer con grande facilità come gli anelli di calamaro. In effetti la versione al calamaro è molto popolare in Kerala, ma io sogno di tornare a mangiarlo a Mumbai. In quel ristorantino affacciato sulla rotonda più trafficata del mondo, quando tornerà ad esserlo. Perché in giorni come questi, c’è un po’ di nostalgica poesia anche nello smog.

Procedimento
-In un wok o una padella, fate scaldare il grasso di vostra scelta (ghee o olio vegetale) e metteteci ad appassire cipolla a strisce, aglio e zenzero tritati e le foglie di curry (se le avete, altrimenti fa niente). Lasciate intenerire a fuoco medio basso, una decina di minuti
-Aggiungete quindi curcuma, coriandolo, paprika e peperoncino e una generosa macinata di pepe, e fate tostare per tre o quattro minuti.
-Aggiungete il pomodoro, tagliato a spicchi, o i pomodorini tagliati in 4. Regolate di sale, coprite e lasciate appassire per 10 minuti.
-Togliete il coperchio e aggiungete la proteina di vostra scelta (pollo o calamari), assieme al concentrato di pomodoro e ancora un po’ di grasso. Se potete, usate l’olio di cocco. Aggiungete anche i friggitelli, regolate di sale e mescolate bene. Fate cuocere a fuoco medio alto senza coperchio, per 15 minuti.
-Se avete fatto le cose per bene, il condimento dovrebbe essersi concentrato creando una ‘pasta’ aderente al pollo o ai calamari, un po’ abbrustolita qua e la. Controllate che il pollo sia cotto, aggiungete il garam masala (se volete), regolate di sale e fate cuocere per un ultimo minuto.
-Mangiate ben caldo, accompagnandolo a riso, chapati o al pane di vostra preferenza. Ovviamente, meglio se indiano!