Un ristorante a Milano trasforma i tavoli in casette

capra e cavoli milano covid

‘Capra e cavoli riapre martedì 9 giugno. I tavoli si sono trasformati in piccole casette…rivedersi sarà magico. Per prenotazioni 0287066093’

Dev’essere un messaggio che mandano a tutti quelli che hanno lasciato i propri contatti nella mailing list del ristorante, quello che mi arriva stamattina. Seppur ermetico, il contenuto mi colpisce. ‘I tavoli si sono trasformati in piccole casette’, e quindi corro ad aprire la loro pagina facebook. ‘Loro’ sono Capra e Cavoli, la più solida realtà vegana nel panorama della ristorazione milanese, assieme al Joia di Pietro Leemann. Molto più pop del secondo, con una sala oggettivamente meravigliosa e la gentilezza della titolare Barbara, che molti conoscono per l’apparizione, assieme alla sua creatura-ristorante, nel programma 4 Ristoranti di Alessandro Borghese. Il punteggio ‘location’ (dite la verità, l’avete pronunciato ‘lochessssscion’) assegnato al Capra e Cavoli dagli altri ristoratori fu di 25, uno dei più alti della storia del programma. In effetti, torno a ripeterlo, la sala è favolosa. Le nuove regole per la ristorazione post-Covid l’avrebbero potuta svuotare di tavoli e d’atmosfera, come sta capitando a tanti (troppi). E invece l’hanno resa ancora più bella.

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Perché sì, la metà dei tavoli è scomparsa, ma al suo posto sono comparse delle casette. Separè, vecchie porte, finestre e pannelli di legno antico hanno dato vita a un piccolo borgo al coperto, dove ognuno, più che occupare un tavolo, abita un piccolo salottino privato. Allora richiamo il numero da cui ho ricevuto il messaggio e a rispondere è Barbara. Che ha una voce provata ma fiduciosa.

“Siamo stati chiusi due mesi, e ci siamo chiesti cosa fare per riaprire con speranza, non con disperazione. Allora ci siamo dati da fare. Alla fine è stato anche terapeutico: ci ha tirato su il morale. E lo tirerà su anche a chi verrà a trovarci. Invece che distanziamento, percepirà molta intimità. 14 casette, ognuna con un suo tema, una sua storia. Quella marocchina è stupenda, abbiamo recuperato finestre d’epoca e lanterne del Maghreb”.

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Le chiedo quanto hanno speso, e se trova che queste regole siano giuste, alla luce del fatto che molti sembrano semplicemente ignorarle e basta. “Non lo so nemmeno quanto abbiamo speso, parlando di denaro, ma so quanto abbiamo speso di energia. In un momento dove nessuno poteva lavorare siamo rimasti in tre, ad allestire tutto. Ma credo che, in questo mondo nuovo, vincerà chi avrà un idea nuova, diversa. L’alternativa era una sala semivuota con tavoli isolati, perché comunque le regole si rispettano, anche se gli altri non lo fanno. Le regole le rispettano quelli seri, il protocollo Covid non è un volantino promozionale”.

Non aumenterà i prezzi, mi dice al telefono. C’è da dire che Capra e Cavoli non è mai stato un ristorante economico: Borghese e gli altri tre ristoratori in gara hanno ricevuto uno scontrino da 225 euro, 56 euro a testa che ne fanno un ristorante di fascia medio alta. Ma adesso, per cenare in una piccola alcova marocchina, o in una serra al riparo dal vento e dall’ansia della distanza e del plexiglass, l’impressione è quella di un immenso valore aggiunto che non finisce nel conto. E può essere impagabile.

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